The Messel Pit: il tesoro dell'Eocene

The Messel Pit: il tesoro dell'Eocene

Il Pozzo di Messel (in tedesco Grube Messel, in inglese The Messel Pit) è una ex miniera a cielo aperto situata a circa 30 km a sud di Francoforte sul Meno, in Germania. Qui, fin dalla metà dell’800 venivano estratti scisti bituminosi, ovvero rocce contenenti tra il 5 e il 20% di olio minerale. Il sito divenne noto per l’abbondanza di reperti fossili di animali e piante già all’inizio del XX secolo, anche se vere e proprie ricerche scientifiche videro la luce solo negli anni ’70.

Le attività estrattive cessarono definitivamente nel 1971 per motivi economici; si ipotizzò allora di utilizzare la cava come discarica di rifiuti, ma lo stato federato dell'Assia intervenne, acquistando il terreno per metterlo a disposizione della ricerca scientifica.

Il 9 dicembre 1995 l'UNESCO, nel corso della sua 19ª sessione, decise di inserire il Pozzo di Messel nella lista dei Patrimoni dell'Umanità, data la straordinaria abbondanza e la qualità dei reperti fossili rinvenuti nel sito.

La formazione del Pozzo di Messel è databile all’Eocene, circa 47milioni di anni fa. In quest’area era presente un lago di origine vulcanica inserito in un contesto subtropicale, ricchissimo in termini di biodiversità di flora e fauna.

Gli scisti bituminosi, formati dalla lenta deposizione di fango e organismi morti sul letto del lago, rappresentano la principale roccia che costituisce il sito. I sedimenti si estendono per una profondità di 130 m e poggiano su una base di arenaria di età più antica. I fossili conservati all'interno dello scisto mostrano una conservazione eccezionale dovuta alle caratteristiche deposizionali del bacino.

Gli strati più superficiali del lago presentavano un’ampia varietà di forme di vita mentre le acque più profonde, tendenzialmente poco disturbate e povere di ossigeno, non permettevano la vita. Questa condizione garantiva ai corpi morti che si depositavano sul fondo di conservarsi senza venire danneggiati o decomposti.

Le variazioni di temperatura stagionali portavano ciclicamente alla risalita degli strati inferiori delle acque anossiche, andando ad abbattere il livello di ossigeno del lago, provocando morie periodiche di specie acquatiche.

Probabilmente il Pozzo di Messel sorgeva nei pressi di una regione attiva dal punto di vista tettonico. Si suppone, infatti, che una serie di eventi vulcanici potrebbero aver sprigionato notevoli quantitativi di gas velenosi (come l'anidride carbonica o composti dello zolfo) nel lago e nell’ambiente circostante, portando alla morte numerose specie, anche non acquatiche.

Gli eventi catastrofici, combinati con le particolari caratteristiche del lago, rendevano questo luogo un ambiente ideale e favorevole alla fossilizzazione di numerosi organismi animali e vegetali.

I depositi di Messel rappresentano la più completa testimonianza fossile di flora e fauna eocenica mai rinvenuta. Nella maggior parte dei siti fossiliferi vengono rinvenuti esclusivamente scheletri parziali, mentre il Pozzo di Messel conserva in modo eccezionale l'integrità strutturale degli organismi, arrivando persino a preservare tessuti molli, piume e peli.

Tra i numerosi reperti rinvenuti si annoverano:

Migliaia di insetti acquatici e terrestri.
Oltre 10.000 pesci fossilizzati appartenenti a varie specie.
Molti mammiferi tra cui cavalli pigmei, roditori, primati e pipistrelli.
Diverse specie di uccelli predatori.
Rettili come coccodrilli, rane, tartarughe e vari anfibi.
Resti di vegetali tra cui foglie di palma, frutti, pollini.
   

La conservazione dei fossili di Messel e la loro preparazione rappresentano da sempre una vera sfida per gli studiosi
. Le argille bituminose che conservano al loro interno gli organismi hanno un elevato contenuto d’acqua: al momento della loro estrazione ed esposizione all’aria, esse si essiccano e sbriciolano rapidamente, danneggiando irreparabilmente i fossili.

Le prime tecniche adottate per impedire questo si sono rivelate inefficaci, in quanto comportavano frequentemente una perdita dei dettagli anatomici. Al giorno d’oggi, i fossili di piccole dimensioni (es. insetti e piante) vengono conservati all’interno di glicerina, che va ad impregnare l'esemplare e a sostituire l’acqua. Quelli di maggior dimensione vengono invece trattati in modo diverso, seguendo un processo di preparazione noto come metodo di trasferimento. Si tratta di una tecnica sviluppata dai ricercatori amatoriali negli anni ’70 e ben presto adottata e perfezionata da parte degli scienziati: il resto fossile viene trasferito interamente su un substrato più stabile, come la resina epossidica.
  

In primo luogo, i resti fossili vengono avvolti in carta impregnata d’acqua, in modo che le argille non si alterino: in queste condizioni è possibile rimuovere i primi strati di matrice su di un lato. Successivamente viene aggiunta argilla ai bordi della lastra fino a farle assumere una forma rettangolare e si crea una parete di contenimento alta 2-3 cm tutto intorno. A questo punto, la superficie del fossile viene asciugata mentre la matrice argillosa viene mantenuta umida. Si procede dunque a colare la resina, in modo che si depositi e inglobi la superficie esposta dell'esemplare, delimitata dalla cornice di argilla. 

Quando la resina si è essiccata e indurita, ha luogo l’ultima fase del processo: il fossile viene capovolto e il preparatore rimuove la matrice rimanente, esponendo il fossile da un lato mentre l'altro sarà supportato dalla lastra di resina epossidica.
  

Al giorno d’oggi i fossili di Messel risultano essere particolarmente difficili da reperire per i collezionisti, in quanto la ricerca da parte degli appassionati è da diversi anni vietata. Attualmente solo le istituzioni scientifiche hanno il permesso di effettuare ricerche e scavi in questo sito, sotto l’egida dell’UNESCO. 

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